Pause

Le pause. Tanto attese e tanto desiderate. Servono per riprendere fiato. Nel mio caso in questa pausa ho perduto il fiato. Non so dove sia andato. Come sia accaduto. Come io abbia potuto farlo accadere. Di nuovo ma in un modo nuovo. Come un incubo. Giorno e notte. La testa che dice una cosa, il cuore un’altra e il corpo che fa quel che può per difendersi da chi non prova nemmeno un briciolo di compassione per lui. Nel corso dei mesi unica vincitrice nella battaglia tra lucidità, indifferenza e sofferenza è stata la malattia. La sofferenza versava lacrime, la lucidità guardava al corpo e cercava di aiutarlo, l’indifferenza invece lo affossava. E così tra nausea e disgusto, tra falsi sorrisi e bugie (agli altri e a me stessa) è il 26 luglio. E alle 16:43 di questo rovente martedì pomeriggio un barlume di speranze l’ho visto. Chissà se tra un mese o tra una settimana o domani o addirittura stasera continuerò a vederlo. Potrò anche non vederlo ma la mia speranza è che l’idea che ci sia possa aiutarmi.

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